Un campione composto da 6.140 pazienti ha dimostrato che la percentuale degli individui positivi non varia in base al genere o all’età. Gli studi precedenti e i loro risultati inducono alla cautela nel considerare il gruppo sanguigno come un fattore discriminante per identificare il rischio di contrarre il COVID-19. Al riguardo è necessario verificare che tale fattore sia realmente affidabile e che si possa considerare come determinante in questa associazione.
Negli ultimi tempi, le notizie sono dominate da un argomento che ormai è preponderante in tutte le aree delle nostre vite: il COVID-19 e gli effetti della sua espansione. Preoccupazione ed incertezza sono in crescita e di conseguenza attualmente sono in corso moltissime ricerche in cerca di verità su questo fenomeno ancora enigmatico. La domanda principale è: riusciremo mai a liberarci da questo virus? È possibile che fattori come il gruppo sanguigno influiscano sul rischio di contrarre l’infezione?
A tal proposito, uno studio recentemente pubblicato da IVI e presentato all’ultima edizione del Congresso ASRM (American Society for Reproductive Medicine), uno dei più importanti convegni, a livello mondiale, sulla Medicina della Riproduzione, ha dimostrato che gli individui con il gruppo sanguigno 0 positivo e Rh positivo presentano una maggiore protezione contro il COVID-19.
“Sulla base dei dati analizzati nel periodo post-lockdown, compreso tra maggio e giugno 2020, prendendo in esame un campione di 6.140 pazienti affetti da SARS-CoV-2, abbiamo rilevato una minor incidenza della malattia (comprovata dalla presenza di anticorpi positivi IgM o IgG) nei pazienti con il gruppo sanguigno 0. Inoltre, al contrario di quanto era stato pubblicato in precedenza, lo studio ha rilevato una percentuale maggiore di pazienti infetti tra quelli con gruppo Rh-negativo”, ha affermato la Dott.ssa Daniela Galliano, Responsabile del Centro PMA di IVI Roma.
“La percentuale dei pazienti positivi al virus non varia significativamente in base all’età e non sono state osservate neanche importanti differenze in base al genere o al gruppo sanguigno. Tuttavia, nei pazienti con Rh-negativo è stato rilevato un rischio leggermente superiore di contrarre il virus rispetto ai pazienti con Rh positivo. Inoltre, nelle aree in cui il virus è più diffuso, la percentuale di IgM-positivi è maggiore e vi è un maggior rischio di infezione in caso di coppie in cui un partner sia già positivo”, ha aggiunto la Dott.ssa Galliano.
L’idea che il gruppo sanguigno possa avere un valore prognostico in relazione al COVID-19 è interessante, tuttavia siamo ancora in una fase preliminare di studio in cui è urgente determinare in primo luogo se quest’associazione è reale, come altri studi su questo argomento hanno suggerito.
IVI RMANJ
IVI RMANJ – IVI nasce nel 1990 come la prima istituzione medica in Spagna completamente specializzata nella Fecondazione Assistita. Da allora ha aiutato a nascere più di 200.000 bambini, grazie all’utilizzo delle più avanzate tecnologie di Fecondazione Assistita. All’inizio del 2017, IVI si è fusa con RMA, diventando così il più grande gruppo di Fecondazione Assistita del mondo. Attualmente conta più di 65 cliniche in tutto il mondo ed è leader nel campo della Medicina Riproduttiva. https://ivitalia.it/ – www.rmanetwork.com