Le proposte di Legambiente al III Forum dell’Acqua si riassumono in: “H2O una risorsa circolare da gestire correttamente con la depurazione e il riutilizzo; l’innovazione dei cicli industriali: una strategia per la transizione ecologica”.
La crisi climatica minaccia anche l’acqua mettendo sempre più a rischio la disponibilità di questa preziosa risorsa idrica, siccità prolungate e stress idrico sono uno degli effetti a cui il Pianeta sta andando incontro. A pagarne lo scotto è anche l’Italia segnata quest’estate da un caldo record e che negli ultimi anni sta assistendo ad un intensificarsi degli eventi siccitosi, soprattutto alle emergenze estive e autunnali. L’Italia è indietro nella gestione sostenibile dell’acqua e tra i Paesi europei soggetti ad uno stress idrico medio-alto, in quanto utilizza tra il 30% e il 35% delle risorse idriche rinnovabili, a fronte dell’obiettivo europeo di efficienza che prevede di non estrarre più del 20% delle rinnovabili disponibili.
In termini di popolazione il 26% è sottoposta a uno stress idrico, l’Italia è prima in Europa per prelievi di acqua a uso potabile con oltre 9 miliardi di metri cubi all’anno, ha una rete di distribuzione obsoleta e con forti perdite idriche e non ha ancora messo a sistema il riutilizzo delle acque reflue depurate. Il tallone d’Achille è l’ormai cronica emergenza depurativa, 4 le procedure di infrazione a carico dell’Italia, 2 delle quali sfociate in condanna che costano al Paese 60 milioni di euro l’anno e poi ci sono 2 milioni di italiani residenti in 379 comuni che non hanno le fognature o il servizio pubblico di depurazione.
Lo denuncia oggi Legambiente che, in occasione della III edizione del Forum nazionale Acqua “Una risorsa circolare” e, a meno di un mese dalla COP26 di Glasgow, sottolinea l’urgenza di definire un approccio circolare per una gestione della risorsa idrica più equa, razionale e sostenibile coinvolgendo il settore urbano, civile, industriale e agricolo.
6 gli interventi per percorrere questa strada: strutturali per rendere efficiente il funzionamento del ciclo idrico integrato, separare le reti fognarie, investire sullo sviluppo di sistemi depurativi innovativi e con tecniche alternative; misure di incentivazione e defiscalizzazione in tema idrico come avviene per gli interventi di efficientamento energetico; prevedere l’obbligo di recupero delle acque piovane e l’installazione di sistemi di risparmio idrico e il recupero della permeabilità in ambiente urbano attraverso misure di de-sealing e ancora utilizzare i Criteri Minimi Ambientali nel campo dell’edilizia per ridurre gli sprechi e favorire il riutilizzo dell’acqua nei cicli industriali e garantire un servizio di depurazione dedicato per una migliore qualità dell’acqua di scarico.
Il III Forum Acqua, realizzato in collaborazione con Utilitalia, il patrocinio del Ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità sostenibili, il Ministero della Transizione Ecologica e della Regione Lazio trasmesso in streaming sui social dell’associazione, vede confrontarsi esperti del settore, rappresentanti politici e istituzionali, ma anche realtà territoriali su un tema complesso e delicato su cui bisogna cambiare passo: servono piani di adattamento al clima e più risorse indirizzando quelle del PNRR per realizzare opere che riducano il problema delle perdite di rete ed efficientino la depurazione del Paese per Legambiente i 2,9 miliardi di euro destinati, invece, agli invasi e alla gestione delle acque in agricoltura dovranno andare ad ammodernare le infrastrutture esistenti senza prevedere la costruzione di nuovi bacini o sbarramenti; infine bisogna ridurre gli sprechi e aumentare il riuso favorendo una minore concorrenza tra i differenti usi come quello civile, industriale e agricolo, da qui bisogna ripartire se si vuole arrivare ad un approccio circolare di una risorsa a rischio.“La transizione ecologica, dichiara Giorgio Zampetti Direttore Generale di Legambiente passa attraverso una gestione sostenibile delle acque, soprattutto oggi in piena crisi climatica. Un obiettivo realizzabile su cui il Paese deve agire con interventi concreti non rimandabili, servono progetti di qualità a cui destinare le risorse”.
La risorsa idrica subisce l’impatto degli eventi estremi causati dai cambiamenti climatici, in particolar modo della siccità, ad oggi, secondo gli ultimi studi della Commissione Ue, il numero di persone che vivono in aree considerate sotto stress idrico potrebbe passare dai 52 milioni attuali (11% della popolazione europea) a 65 milioni in uno scenario di riscaldamento di 3°C, il che equivale al 15% della popolazione dell’UE. La maggior parte delle persone esposte a stress idrico vivono nei paesi dell’Europa meridionale, tra cui Spagna (22milioni; 50% della popolazione nazionale), Italia (15 milioni; 26%), Grecia (5,4 milioni; 49%) e Portogallo (3,9milioni; 41%). Le popolazioni di Cipro e Malta sono considerate in carenza d’acqua, nel Mediterraneo il periodo di stress idrico può superare i 5 mesi e durante l’estate, lo sfruttamento dell’acqua può avvicinarsi al 100%.
Una siccità prolungata comporta danni diretti derivanti dalla perdita di disponibilità di acqua per usi civili, agricoli e industriali ma anche perdita di biodiversità, minori rese delle colture agrarie e degli allevamenti zootecnici, e perdita di equilibrio degli ecosistemi naturali. Tra i fiumi che quest’estate sono andati in sofferenza c’è il Po, che secondo l’Autorità Distrettuale ha visto una situazione di stress idrico diffuso nel bacino del fiume, con portate del 30% sotto la media. Tra i settori che più risentono dell’emergenza siccità c’è l’agricoltura, settore esposto a riduzioni nelle rese a causa di fenomeni di scarsità idrica in cui si prevede una perdita di 1 miliardo di euro per mancanza di raccolti. E non dimentichiamo le aree urbane, secondo il Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici, negli scenari futuri le situazioni di siccità e scarsità idrica che verranno a determinarsi porteranno ad un aumento della competizione tra domanda d’acqua potabile per uso urbano e per usi agricoli, industriali-energetici e per garantire il funzionamento dei servizi ecosistemici, un conflitto potenziale che si colloca in un contesto di stress idrico medio-alto esistente.
Eppure nella Penisola non mancano esempi virtuosi a cominciare dagli impianti di depurazione dove la transizione ecologica potrebbe trovare un’accelerazione nel rilancio green e grazie ai progetti europei, soluzioni digitali sono allo studio per minimizzare il rischio legato al riutilizzo delle acque reflue a Peschiera Borromeo (MI) nell’ambito di Digital Water City, mentre in Toscana a Rosignano Marittimo (LI), il consorzio Aretusa sta lavorando per incrementare il riutilizzo industriale nell’ambito del progetto “Ultimate” mentre il recupero di biopolimeri sta per essere portato a scala di decine di tonnellate l’anno a Sesto San Giovanni (MI) nell’ambito di Circular BioCarbon. La circolarità nei settori industriali come il cartario, trova conferma nel riciclo dell’acqua al 90% dei processi e in nuovi impianti di depurazione in sito, integrati e con produzione di biogas che trovano ostacoli normativi e amministrativi che frenano la sostenibilità e l’economia circolare del settore. Non da meno le esperienze positive che arrivano dalle aree urbane e che riguardano l’applicazione del drenaggio urbano sostenibile (SuDS – Sustainable Drainage Systems) che si pone l’obiettivo di gestire le acque di pioggia ricadenti in aree urbane in modo da riequilibrare il bilancio idrologico e ridurre il carico inquinante dei corpi idrici, passando da uno stadio dopo l’urbanizzazione, ad uno stadio prima dell’urbanizzazione.
Esempi di approcci SuDS e fitodepurazione arrivano da Gorla Maggiore (VA) dove è stato realizzato un sistema di fitodepurazione che ha integrato diversi servizi ecosistemici nel nuovo “Parco dell’Acqua” e che è servito per ottenere un miglioramento della qualità delle acque del fiume Olona, una laminazione delle acque per ridurre il rischio di allagamenti a valle, un’area ricreativa e l’aumento della biodiversità oppure il caso dell’Urban wetland, rientrato tra gli interventi del progetto Santa Chiara Open Lab di Trento. La “wetland” riceve le acque piovane convogliate dei tetti ed è stato progettato come elemento multi obiettivo per il trattamento e riuso (irrigazione aree verdi del parco) delle acque di pioggia, laminazione, aumento biodiversità in ambiente urbano, elemento di arredo del parco. Infine la fitodepurazione per il trattamento e riuso delle acque grigie dello Youth Hostel dell’isola di Polvese sul Lago Trasimeno (PG – Italia), si stima che una superficie a SuDS del 2-5% rispetto alla copertura impermeabile servita (p.es. tetti, parcheggi, strade), quindi facilmente integrabile con interventi di retroffitting su aree verdi di arredo urbano esistenti, permetterebbe di evitare che vada in fognatura circa l’80-90% delle acque di pioggia annuali (2-5 mm di pioggia per evento).
Fonte: Anci digitale spa